La parola stessa "geometria"
deriva dal greco "geo" (gew)
che vuol dire terra e "metria"
(metria)
che vuol dire misura.
Geometria quindi è "misura della terra", e nasce probabilmente in Egitto,
dove il Nilo periodicamente allagava i terreni e quindi ogni volta era
necessario ripristinare i confini delle proprietà (si qui è mio, sin qui è
tuo).
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Nasce quindi come una materia essenzialmente "pratica", legata
all'esperienza diretta e alla misura "sul campo".
Questa geometria, che è poi quella che studiamo alle elementari e alle
medie, è una geometria "intuitiva".
E' lo studio delle figure geometriche basato essenzialmente
sull'osservazione e sul calcolo.
Impariamo le proprietà delle figure: come si calcolano area e perimetro, il
Teorema di Pitagora ... Ma non ci poniamo il problema di mettere qualcosa in
discussione.
E' così perché ce lo dicono, diciamo che andiamo sulla fiducia.
Questo tipo di approccio ha un limite: non si può andare oltre ciò che
possiamo percepire con i nostri sensi, mentre oggi le necessità scientifiche
richiedono modellazioni geometriche di entità a ben più delle 3 dimensioni
che possiamo percepire.
Direi che da Galileo in poi si è capito che si poteva descrivere il mondo
fisico con leggi matematiche e che Einstein ha dimostrato che non solo lo si
può descrivere, ma che quando i calcoli matematici ci fanno vedere una
fisica diversa da quella che ci sembrerebbe "reale" perché legata ai nostri
sensi ... è la matematica ad avere ragione.
La fisica descritta dalla matematica è "più vera" di quella che possiamo
verificare con i nostri sensi.
Si sviluppa allora un'altro tipo di geometria. |
Se vogliamo definire "geometria intuitiva" quella di cui abbiamo
parlato sin'ora, definiremo "geometria razionale" una geometria che
deve essere descritta, passo passo, da ragionamenti logici deduttivi.
Si parte cioè da poche premesse e mediante ragionamenti rigorosi (senza dare
niente per scontato o, come piace a me, senza "pregiudizi") si descrivono le
proprietà delle figure geometriche che a questo punto non sono più limitate
come dimensioni (possiamo trattare linee o piani o spazi infinitamente
grandi o infinitamente piccoli) o dalla forma (possiamo, ma non lo faremo
qui, trattate figure a n dimensioni, calcolandone le proprietà anche se non
siamo in grado nemmeno di immaginarle).
Le premesse saranno ancora "intuitive", nel senso che comunque da qualcosa
occorre pur partire.
Chiamiamo queste premesse "PRIMITIVE", e sono le figure di cui non
diamo una descrizione razionale, ma che accettiamo come note sin
dall'inizio.
LE PRIMITIVE |
Occorre quindi partire da concetti condivisi (cioè su cui siamo
tutti d'accordo).
I primi che incontriamo, legati anche al concetto stesso dello
spazio che sappiamo immaginare sono:
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- Il punto - Tutti abbiamo ben chiaro cos'è il "punto":
è una posizione nello spazio, il "punto" in cui si appoggia la
matita, dove comincia o finisce una linea ...
Il punto non ha dimensioni, è piccolo, piccolissimo. E' un
"puntino".
Nella notazione (rigorosa) che osserveremo da ora in poi lo
indicheremo sempre con una lettera maiuscola (punto A,
punto B ...).
- La retta - Qui la cosa è un po' meno immediata, la
retta è un insieme di punti "allineati". Come ho premesso non è
semplicissimo descrivere la retta in modo rigoroso, soprattutto
sarebbe complicato il concetto di "allineato", che di fatto
implica già il sapere cosa è una linea (e quindi una retta).
Appunto per questo rientra nelle "primitive", cioè nelle figure
(o entità geometriche) che diamo per conosciute senza essere in
grado, realmente, di descriverle.
La retta è un'entità "monodimensionale" cioè che si sviluppa
solo lungo una direzione (appunto una linea).
Le rette le indichiamo normalmente con una lettera minuscola
(retta a, retta b, retta r ...).
- Il piano - Anche per questa "primitiva" la
definizione è complicata. Diamo per scontato che ognuno di noi
abbia "intuitivamente" il concetto di piano. Piana è la
scrivania alla quale sto scrivendo, il pavimento della stanza,
la superficie piana di un tecnigrafo o di un banco. Piana è la
superficie del foglio di carta sul quale disegneremo.
Nella nostra notazione i piani o le porzioni di piano (vedremo
tra un attimo di cosa stiamo parlando) li indichiamo con una
lettera greca minuscola (ad esempio
α
alfa,
β beta,
γ gamma).
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Per essere chiari, da qui in poi considereremo solo figure
"piane", cioè che possano esser disegnate su un piano o, se
preferite, sul foglio di carta. |
Immediatamente derivati da questi concetti primitivi ne possiamo
identificare altri, che ci limitiamo a definire:
- La semiretta - E' una parte di retta che ha origine in un
punto preciso e, sull'altro lato, si sviluppa all'infinito
- Il segmento - E' una porzione di retta delimitata da due
punti, e quindi "misurabile"
- Il semipiano - E' una piano delimitato da una retta,
continua ad avere dimensioni infinite ma è "limitato", nel senso
che non contiene la parte di piano che sta al di là della retta
che lo delimita.
Il segmento si può misurare. Preso un segmento di misura unitaria
unificata (cioè scegliamo una unità di misura, noi di solito usiamo
il metro, con multipli e sottomultipli, ma andrebbe bene un
qualsiasi segmento "campione" ) vediamo quante volte questo "sta"
nel segmento che vogliamo misurare e affermiamo che questo è lungo
"n volte" la nostra unità di misura.
Tante parole per esprimere un concetto che in realtà conosciamo
bene: "il segmento AB è lungo 25 cm ..." |
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Il piano può essere delimitato anche da due rette, che possono
essere parallele (striscia) o coincidenti.
In questo caso si parla di "angolo", e il punto dove le due
rette si incontrano e si "tagliano" (parliamo quindi di semirette)
lo chiameremo VERTICE.Un angolo si può "misurare".
Come per le misure lineari, anche qui basta mettersi d'accordo su
quale unità di misura utilizzare.
Ma mentre per le linee a nessuno viene in mente di utilizzare
lunghezze che non siano "metriche" (in navigazione utilizziamo le
miglia marine, ma in nessun libro di geometria ci verrebbe in mente
nemmeno di citarle), per gli angoli i modi di misurarli non sono
così immediati e siccome in realtà si possono facilmente incontrare
tutti (ad esempio quando utilizziamo la calcolatrice) vale la pena
perdere qualche istante per capire di cosa si tratta. |
La misura che siamo abituati a trattare è quella in
gradi sessagesimali (cioè ogni grado lo si fraziona in 60
primi e ogni primo in 60 secondi). Conosciamo bene questo sistema di
misura per cui un angolo piatto è 180° (si legge 180 gradi). Si
definisce angolo RETTO l'angolo che è la metà dell'angolo piatto, e
quindi nel nostro sistema sarà di 90°.
Sulla calcolatrice troviamo questa impostazione sotto la sigla "DEG"
che sta per DEGREES in inglese.
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In matematica spesso preferiamo utilizzare la misura in "radianti"
(sulla calcolatrice RAD).
Sono misure "lineari", cioè riferite ad una "lunghezza" che è la
misura dell'arco di circonferenza (vediamo dopo la definizione, ma
diamo per ora per scontato che almeno intuitivamente si sappia di
cosa stiamo parlando) descritto dall'angolo che vogliamo misurare e
valutato su una circonferenza di raggio unitario (cioè con raggio
uguale a 1).
Siccome sappiamo che la circonferenza è diametro per pi greco (π),
e il diametro due volte il raggio "uno", avremo circonferenza = 2π,
l'angolo piatto sarà
π e l'angolo retto
π/2.C'è poi ancora un altro sistema
per misurare gli angoli.
E' il sistema "decimale", voluto da Luigi XVI in Francia, poco prima
della Rivoluzione Francese.
Semplicemente si divide l'angolo retto in 100 gradi centesimali (gon)
e ogni grado in 100 primi e ancora in 100 secondi.
Per quanto sia di fatto poco utilizzato è in realtà più semplice
rispetto al sistema sessagesimale (esattamente come lo è fare i
conti in base 10 piuttosto che in base 60) .
E' dividendo la circonferenza in gradi e primi centesimali che si
trova l'unità di misura fondamentale del metro (millesima parte del
km).
Gli studenti ci incappano spesso per errore impostando la
calcolatrice su GRAD (GRADIENTE) credendo di averla impostata
in gradi sessagesimali (DEG) e quindi trovandosi i risultati
sbagliati. |
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Sempre come definizioni, chiamiamo angolo piatto
quello formato da due semirette che sono contenute in una unica
retta (una prosegue l'altra), chiamiamo retto la metà di un angolo
piatto e angolo giro il doppio di un angolo piatto.
Due angoli si dicono complementari se la loro somma è un angolo
retto, supplementari se la loro somma è un angolo piatto, opposti al
vertice se formati dall'intersezione di due rette, come in figura, e
consecutivi se hanno in comune il vertice e un lato. |
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Altri concetti che vanno introdotti sono sicuramente
quello di "uguaglianza" tra due figure e quello di "maggiore" o
"minore" tra due elementi ovviamente confrontabili.
Diciamo che due figure sono "uguali" se esiste un movimento rigido
(cioè traslazione e rotazione, senza deformarle) che le possa
sovrapporre e una volta sovrapposte tutti i punti di una coincidano
con i corrispondenti punti dell'altra.
Ad esempio in figura i poligoni A e B sono uguali perché posso
spostare e ruotare A fino a farlo coincidere esattamente con B. |
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Nota "polemica" : Ho notato che oggi in tutti i
testi scolastici due figure uguali si dicono "congruenti" (e non più
"uguali"). Sono andato a vedere nei testi che utilizzavo io al liceo
e sebbene venisse considerato anche il termine "congruenti" due
figure uguali venivano semplicemente dette "uguali". Siccome a me
sembra decisamente più semplice il termine "uguali" e non vedo
perché devo complicare artificiosamente una materia che di per se
potrebbe già non essere semplicissima utilizzando terminologia non
"comune" (mai sentito dire al mercato "quelle due melanzane sono
congruenti"), io preferisco continuare ad utilizzare il termine
"uguali".
Non credo di commettere reato.
Per le proprietà di "maggiore" e "minore" occorre definire dei
valori dimensionali. In genere una figura è maggiore di un'altra se
esiste un movimento rigido che può sovrapporle e una volta
sovrapposte la figura maggiore "contiene" integralmente la figura
minore.
Ma è un concetto sul quale torneremo quando ne avremo bisogno. |
L'eguaglianza delle figure gode delle seguenti proprietà (non si
dimostrano, sono ASSIOMI o POSTULATI, termini che
spigheremo più avanti).
- Proprietà "RIFLESSIVA" - Ogni figura è uguale a se
stessa (direi che non vale perderci tempo)
- Proprietà "SIMMETRICA" - Se una figura A è
uguale ad una figura B allora anche la figura B è
uguale alla figura A (anche qui è un concetto di
reciprocità, non così immediato come il precedente, ma direi
abbastanza intuitivo).
- Proprietà "TRANSITIVA" - Se una figura A è
uguale ad una figura B e la figura B a sua volta è
uguale ad una figura C allora anche la figura A è
uguale alla figura C (qui secondo me vale la pena perdere
due secondi a "convincersene" ... vuol dire che se io dimostro
che A è uguale a B e che B è uguale a C, allora ho dimostrato
anche che A è uguale a C, e questo magari direttamente non
potevo farlo)
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I POSTULATI DI EUCLIDE |
Per poter fare dei ragionamenti occorre assegnare
delle proprietà "elementari" alle nostre primitive, e anche queste
proprietà gliele assegniamo senza dimostrarl.
Sono cioè degli ASSIOMI o POSTULATI (affermazioni non
dimostrabili ma assunte come vere).
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I postulati da cui partiamo con la nostra geometria
razionale sono stati enunciati da Euclide, greco,
vissuto tra il IV e il III secolo A.C.
Verrebbe da chiedersi come mai un greco dopo 3/4.000 anni
che la geometria si era già sviluppata in Egitto.
La risposta probabilmente sta nel fatto che essendoci in
Grecia la "democrazia", era necessario a chi voleva farsi
eleggere descrivere i propri programmi politici con
"ragionamenti" logici, mentre in Egitto, sotto i faraoni,
meno si ragionava e meglio si campava.
Da qui la necessità di sviluppare una dialettica logica e
razionale, cioè "incontrovertibile" - la matematica è vera e
lo è appunto perché non parte da alcun elemento (tranne
questi pochi postulati) pregresso.
E' un ragionamento (a me piace vederlo così) privo in
maniera assoluta di "pregiudizio" .. tutto quello che dico
lo devo dimostrare e una volta che l'ho dimostrato è vero,
semplicemente.
La geometria razionale di cui ci occupiamo si chiama appunto
"EUCLIDEA" in quanto si fonda sui postulati enunciati da
Euclide.
Esistono geometrie non euclidee, come la geometria
iperbolica sviluppata da Lobachevskij o la geometria sferica
di Riemann ( e quest'ultima la affronteremo al V anno perché
è la geometria delle navigazione ortodromica, quella che si
sviluppa su rotte abbastanza lunghe da non poter essere
descritte soddisfacentemente su una cartina piana e che
quindi devono essere sviluppate direttamente sulla sfera).
Nella figura a lato si vede un triangolo sferico in cui gli
angoli alla base sono di 90° (i lati sono segmenti staccati
sull'equatore e sui meridiani, che sono perpendicolari tra
di loro) e in più l'angolo al polo di 70°, per cui in questo
triangolo la somma degli angoli non è di 180° come abbiamo
studiato alle medie e come dimostreremo più avanti per i
triangoli piani nella geometria euclidea. |
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Di questi sostanzialmente sono importanti i primi due che
dicono, in soldoni, che per due punti distinti passa una retta ed
una sola, e che le rette sono di lunghezza infinita, oltre al fatto
che (se ne deduce) tra due punti di una retta ve ne sono infiniti.
Il terzo ci da la definizione di cerchio.
Il quarto non ci dice nulla in più di quanto già non avessimo
affermato con il postulato sull'eguaglianza.
Il quinto è il più interessante, in pratica ci dice che se due rette
non sono parallele (e sono complanari, cioè stanno sullo stesso
piano) da qualche parte devono incontrarsi, e che due rette
parallele, invece, non si incontrano mai.
E' proprio escludendo questo quinto postulato che si sviluppano le
geometrie non euclidee.
Ad esempio i due meridiani della figura qui sopra sono paralleli
(all'equatore) ma finiscono per incontrarsi al polo. |
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Già che parliamo di cerchi, approfittiamone per dare qualche
altra definizione:
il cerchio è la superficie contenuta nella circonferenza (che è
quindi il perimetro), il raggio è la distanza tra il centro ed ogni
punto della circonferenza, l'arco di circonferenza è un segmento
circolare "tagliato" sulla circonferenza, il settore circolare è la
superficie corrispondente all'arco individuata tra arco e i due
raggi che lo delimitano.
Angolo al centro è un angolo che ha come vertice il centro, angolo
alla circonferenza è un angolo che ha il vertice sulla
circonferenza. |
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COROLLARI |
I corollari sono deduzioni logiche che derivano in modo diretto
da altri enunciati, che potranno essere teoremi (li vedremo nei
prossimi capitoli) o , come in questo caso, postulati.
Ad esempio il primo postulato mi dice che tra due punti è possibile
tracciare una ed una sola retta.
Vuol dire che se ho due punti A e B esiste una sola retta che li
contenga entrambi.
Di conseguenza un'altra retta può contenere al massimo uno dei due
punti ma non tutti e due.
Il corollario che ne consegue è:
DUE RETTE DISTINTE POSSONO AVERE AL MASSIMO UN SOLO PUNTO IN
COMUNE. |
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Le rette possono essere viste come "insieme
ordinato" di punti.
L'insieme si dice "ordinato" introducendo il criterio di
"precedenza", cioè, presi due elementi qualsiasi, per le rette due
punti, A e B, si può stabilire se A precede B o se B precede A.
Sono insiemi ordinati ad esempio l'insieme dei numeri naturali, ove
è possibile stabilire che i numeri più piccoli precedono i numeri
più grandi (ordine 1,2,3,4,5,6 ...) o un elenco in ordina alfabetico
di persone (ad esempio il registro degli alunni di una classe) o
ancora in ordine di prezzo di un tipo di merce (come a volte si vede
negli scaffali dei supermercati).
Ovviamente un sistema ordinato può essere "letto" anche in senso
opposto, dal più grande al più piccolo, mantenendo comunque un
criterio di "ordine" tra i suoi elementi. |
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Diamo una definizione: definiamo PARALLELE
due rette complanari (cioè che giacciono sullo stesso piano) e che
coincidono o che non hanno alcun punto in comune.
Ne deriva, considerando il 5° postulato di Euclide, il seguente
corollario: |
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Ne consegue che nel piano le possibili posizioni reciproche di
due rette sono solo due:
- RETTE INCIDENTI - hanno UN solo punto in
comune
- RETTE PARALLELE - hanno TUTTI i punti in
comune (sono coincidenti) o NESSUN punto in comune
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