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La necessità di provare cosa succede ad un "oggetto"
quando si muove nell'aria era già sentita ben prima dell'invenzione
dell'aereo.
Leonardo da Vinci aveva cominciato facendo esperimenti in vasca,
altri successivamente si erano occupati dei fluidi, ma sempre nel
campo dell'idraulica.
Le esperienze fatte con l'acqua venivano trasferite all'aria, ma era
evidente che le cose non avrebbero potuto funzionare più di tanto.
Le prime forme di galleria aerodinamica furono delle torri da cui
venivano lanciati dei modelli, in genere vincolati ad un cavo. |
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La Torre Eiffel, costruita a Parigi in occasione
dell'Esposizione Universale del 1889, tra i suoi
"scopi", aveva anche quello di permettere
l'osservazione degli effetti su un modello lasciato
cadere vincolato ad un cavo teso dalla sommità al
suolo, e che veniva rilevato grazie alle terrazze
intermedie.
La torre è infatti appositamente completamente cava
all'interno.
Lo stesso Gustave Eiffel, pioniere
dell'aerodinamica, proprio grazie alle esperienze
fatte sulla sua torre dimostrò sperimentalmente il
principio del moto relativo secondo cui gli effetti
esercitati da una corrente d'aria su un corpo fermo
sono gli stessi che eserciterebbe l'aria "ferma" sul
corpo che ci si muovesse dentro alla medesima
velocità.
Lo stesso Eiffel costruì, tra il 1909 e il 1912
(quindi dopo il volo dei Wright) due tra le prime
gallerie aerodinamiche.
Ancora utilizzate oggi le sue osservazioni sulle
eliche. |
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Le gallerie aerodinamiche moderne, quindi, sfruttano
questo principio.
Invece di far muovere il modello nell'aria ferma, si tiene
fermo il modello, in modo da poterlo osservare in tutta
tranquillità, e si fa muovere l'aria. |
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Concettualmente abbiamo una ventola che aspira (la ventola è
sempre dietro il modello, per ridurre la turbolenza sul
flusso d'aria) l'aria attraverso un condotto, una zona dove
viene posto il modello (la "camera di prova") e due elementi
di raccordo, uno prima e uno dopo la camera, che servono ad
accelerare e stabilizzare il flusso dell'aria.
Esistono due tipi principali di gallerie aerodinamiche,
quelle a "ciclo aperto", dove l'aria viene prelevata
dall'esterno, passa nel tunnel e viene quindi ributtata
all'esterno, e quelle a "ciclo chiuso", dove la stessa aria
viene fatta girare in un circuito chiuso.
Le due soluzioni presentano vantaggi e svantaggi. |
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Nelle gallerie a ciclo aperto abbiamo uno spreco di energia
in quanto l'aria una volta fuori fa giusto "vento" alla
stanza ma non serve più.
Inoltre è necessario che la camera di prova sia chiusa, cioè
non permetta all'aria esterna di penetrarvi, disturbando il
flusso.
In compenso le gallerie a ciclo aperto sono più semplici ed
economiche, di dimensioni più piccole, e non necessitano di
particolari accorgimenti per la riduzione della turbolenza
nel flusso. |
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Le gallerie di tipo aperto sono
molto semplici, e sono quindi realizzabili con
elementi semplici e poco costosi.
Non sono infrequenti le realizzazioni "homemade"
utilizzate anche in modo efficace per la
visualizzazione del flusso con fumogeni. |
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Le gallerie a circuito chiuso hanno il vantaggio di
recuperare l'aria già in movimento e quindi sono più
efficienti, permettono di lavorare con camere aperte, dal
momento che essendo l'aria già in movimento, la ventola
aspira praticamente solo quella che già spinge.
In compenso sono più complesse da costruire, più
ingombranti, e necessitano di accorgimenti per "raddrizzare"
il flusso dell'aria che arriva alla camera di prova dopo
aver girato nella ventola e aver dovuto deviare 4 volte la
sua direzione.
Dal momento che l'aria che circola in queste gallerie è
sempre la stessa e quindi si scalderebbe per l'attrito,
occorre inserire anche un dispositivo di raffreddamento.
In questo tipo di gallerie effettuare visualizzazioni con
fumogeni diventa un po' più complicato in quanto il fumo
resta in circolo e in poco tempo rende inutilizzabile
l'attrezzatura. |
La
galleria aerodinamica del Politecnico di Milano |
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Il dipartimento di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico
di Milano ha realizzato una grande galleria aerodinamica a
circuito chiuso.
Nella parte inferiore è ricavata la camera di prova
aerodinamica vera e propria, mentre nella parte superiore è
stata ricavata una grande camera di prova per l'ingegneria
del vento.
In questa camera si studiano esattamente le interazioni tra
elementi solidi (edifici, ponti, barche o treni) e il vento.
L'ingegneria del vento lavora su principi sostanzialmente
diversi.
Invece del flusso pulito necessario allo studio
dell'aerodinamica (stiamo simulando un velivolo che si muove
nell'aria ferma, quindi se l'aria si muove e il velivolo sta
fermo bisogna che l'aria si sposti in modo uniforme) qui
studiamo il vento. |
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Il vento è aria che si sposta, e lo fa
in modo caotico e vorticoso. Inoltre interferisce col suolo e quindi
presenta un profilo di velocità tutt'altro che uniforme, essendo più
lento al suolo e più veloce in quota.
Al Politecnico questo si simula usando una batteria di ventole che
possono girare a velocità diverse e posizionando degli ostacoli per
generare i vortici. |
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A sinistra la sala di prova per l'ingegneria del
vento |
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A destra la camera di prova aerodinamica |
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I modelli in scala |
Se il principio di di Eiffel afferma che c'è perfetta equivalenza tra
quello che succede ad un modello che si muove nell'aria ferma e quello
che succede ad un modello fermo immerso in una corrente d'aria di
velocità equivalente, tale principio, purtroppo, non si può applicare
così com'è anche quando vi sono differenze dimensionali tra il modello
reale e quello provato in galleria.
Cioè quello che io provo su un modello in scala ridotta non sempre si
può riportare al velivolo reale.
Questo perché esistono delle differenze dovute al comportamento del
fluido in funzione delle forze di inerzia e della velocità.
In particolare un fluido può muoversi con moto LAMINARE, che vuol dire
che le singole particelle seguono delle linee continue e più o meno
rettilinee, o VORTICOSO, che invece intende che il movimento delle
particelle è caotico e segue traiettorie difficilmente descrivibili.
Un altro limite è dato dalla velocità del suono: il fluido si comporta
in modo sostanzialmente differente quando si raggiungono velocità vicine
a quella della propagazione del suono. |
Il numero di
Reynolds |
l numero di Reynolds fu introdotto nel 1883 da Osborne Reynolds per
caratterizzare la transizione tra flusso laminare e flusso
turbolento. Alla sua determinazione si giunse dopo lo studio sul
flusso all’interno di tubi a sezione circolare in cui circolava un
flusso a portata costante in cui venne iniettato un colorante per
evidenziare il regime di flusso. Il numero di Reynolds è
adimensionale ed è indicato con Re definito come:
dove ρ è la densità del fluido, V la sua velocità, d è la
lunghezza caratteristica della superficie attraverso la quale
avviene il flusso e μ è la viscosità del fluido che è una grandezza
tipica di ogni fluido .
La viscosità è una grandezza che esprime come un fluido possa fluire
con facilità. Il prodotto ρVd rappresenta la forza inerziale del
fluido quindi il numero di Reynolds è dato dal rapporto tra le forze
che spingono il fluido in avanti e quelle che tendono a rallentarlo
ovvero tra le forze d’inerzia e le forze viscose. |
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Per semplificare il discorso e tornare a ciò che serve a noi, il
numero di Reynolds possiamo vederlo semplicemente come il prodotto
tra la velocità e e una dimensione lineare caratteristica, essendo
densità e viscosità , se lavoriamo con lo stesso fluido, uguali.
Quindi se volessimo ad esempio provare un modello in scala 1:2 in
una galleria aerodinamica e volessimo mantenere lo stesso numero di
Reynolds, dovremmo provare il modello a velocità doppia rispetto al
reale. Questo vuol dire, per un velivolo destinato a volare a 500
km/h doverlo testare in una corrente da 1000 km/h, che è già una
velocità vicina a quella del suono.
Questo spiega il perché siano necessarie gallerie aerodinamiche di
grandi dimensioni, e come, sostanzialmente, non sia possibile fare
prove valide su modelli di velivoli di grandi dimensioni destinati a
volare ad alte velocità.
Per questo, infatti, spesso si è costretti a testare in galleria
solo parti separate del velivolo, magari in scala 1:1, e poi cercare
di prevedere gli effetti sul velivolo completo grazie a simulazioni
matematiche al computer. |
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La più grande galleria aerodinamica del mondo è al NASA's Ames
Research Center in California.
E' una galleria per velocità subsoniche capace di ospitare modelli
con apertura alare sino a 100 piedi (circa 30 metri). |
Il numero di
Mach |
L'altro problema che si incontra quando si cerca di provare un
modello è che, come si è visto prima, se vogliamo diminuire le
dimensioni del modello, per mantenere le caratteristiche del flusso
aerodinamico dobbiamo aumentarne la velocità.
Questo vuol dire andare incontro a problemi di compressibilità sul
modello diversi da quelli che avremmo sul velivolo reale.
Perché si mantenga la similitudine occorre che siano uguali i valori
di un altro parametro, che è quello che ci da il rapporto tra la
velocità del modello e la celerità del suono. Questo è il numero di
Mach.
Ma=V/C
Dove V è la velocità del velivolo e C è la celerità
del suono nell'aria. C a sua volta varia con la temperatura
dell'aria. |
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Con K° temperatura in gradi Kelvin e C espresso in Km/h |
Con K° temperatura in gradi Kelvin e C espresso in nodi |
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