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Quando i Fratelli Wright portarono in volo per la
prima volta il loro Flyer, già da tempo si era consapevoli della
possibilità dell'uomo di volare ... mancava solo il "motore" .. cioè
un qualche mezzo che producesse la trazione necessaria a trascinare
in volo un uomo con le ali.
Era solo questione di tempo, bisognava aspettare che fosse
disponibile un motore con un rapporto potenza/peso tale da poter
essere portato in volo. |
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La vera realizzazione dei Wright fu proprio questa:
il primo motore in alluminio (invece che in ghisa), sostanzialmente
non dissimile da altri utilizzati sulle auto, ma infinitamente più
leggero.
Il primo motore a volare fu quindi un motore a ciclo otto, quattro
cilindri in linea, per la prima volta realizzato in alluminio.
Il raffreddamento, in considerazione dei brevi periodi di
funzionamento, era a liquido, ma senza la complicazione di pompe e
radiatori, semplicemente c'era un serbatoio di acqua fresca che
sostituiva quella che evaporava, consumandosi.
La trasmissione alle due eliche avveniva con semplici catene da
bicicletta (i Wright costruivano biciclette).
LA successiva evoluzione dei velivoli passò necessariamente per la
parallela evoluzione dei propulsori.
Oggi si utilizzano ancora, anche se per funzioni specifiche, in
pratica quasi tutti i tipi di motori che nel tempo sono stati
inventati.
I motori a pistoni equipaggiano i piccoli velivoli destinati alla
scuola e al turismo o comunque ad attività per cui siano sufficienti
piccole potenze.
Per potenze superiori a 800 hp si utilizzano motori a turbina,
turbogetto o turboelica a secondo di quota e velocità alle quali sia
destinato il velivolo.
Gli statoreattori e i pulsoreattori, antenati dei turbogetti, sono
utilizzati aggi alle altissime velocità e sono paradossalmente, il
"futuro" del motore aeronautico.
Il
motore a pistoni |
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Il motore a pistoni, ciclo "Otto", utilizzato in
aeronautica, non è particolarmente dissimile da
quello utilizzato comunemente sui veicoli terrestri.
Anzi, a rigore, potremmo dire che è più semplice.
Sull'aereo non è necessario il cambio e anche tutta
l'elettronica oggi montata sui motori
automobilistici viene vista con diffidenza, data la
ancor oggi troppo scarsa affidabilità.
Inoltre moti dei velivoli a pistoni oggi in
circolazione sono velivoli vecchi, costruiti anche
venti o trenta anni fa e, ovviamente, progettati
ancora prima.
Dando per scontato quindi che tutti si sappia come
funziona un motore a pistoni a quattro tempi
(aspirazione, compressione, combustione e scarico),
vediamo di analizzare quali sono le particolarità
che distinguono un motore aeronautico da uno
terrestre.Quando ci sediamo ai comandi di un
velivolo scuola, la prima cosa che impariamo ad
utilizzare e che nei motori terrestri manca è la
"leva della miscela".
E' una leva di colore rosso che serve ad impoverire
il titolo della miscela aria/benzina, in modo da
adeguare la carburazione del motore alla densità
dell'aria.
Sulle auto questo non c'è in quanto le auto, per lo
più, non volano, e quindi operano a quote
generalmente fisse e in condizioni di densità e
pressione dell'aria pressoché costanti.
Sui veicoli terrestri la "carburazione", cioè la
messa a punto della miscela aria/benzina, la fa il
meccanico, in officina, intervenendo con un
cacciavite sul carburatore. |
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Nelle auto moderne ad
iniezione buona parte della regolazione è invece
demandata alla centralina elettronica.
La regolazione della miscela è essenziale nei
veicoli dotati di marmitta catalitica, in quanto il
carburante incombusto rovinerebbe il catalizzatore.
Per questo sulle automobili è montata, nel gruppo di
scarico, una sonda, detta "sonda lambda", che rileva
la presenza di particelle di benzina incombuste.
Questo controllo serve nelle auto per ottimizzare la
carburazione in funzione del regime del motore, e
normalmente viene escluso automaticamente agli alti
regimi, dove la carburazione è "di progetto" e non
si vuole correre il rischio di impoverire la miscela
causando il surriscaldamento del motore. |
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La centralina elettronica provvede poi a modificare
il titolo della miscela riducendo l'afflusso di
benzina agli iniettori sino a che i gas di scarico
risultano "puliti".
Sugli aerei, spesso ancora a carburatore e comunque
anche su quelli con gli iniettori, la "carburazione"
viene modificata in quota a seconda della necessità
dal pilota, intervenendo appunto sulla leva rossa. |
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Invece della presenza di carburante incombusto,
sugli aerei si rileva la temperatura dei gas di
scarico mediante uno strumento detto EGT (Exhaust
Gas Temperature).
Il pilota agisce sulla leva della miscela in modo
che la temperatura dei gas di scarico sia la massima
possibile, il che vorrebbe dire che la combustione è
ottenuta nel modo più efficiente, e quindi con la
corretta miscela di aria/benzina.
A sinistra è rappresentato un comune EGT, che legge
la temperatura dei gas di scarico una volta sola, a
valle di tutti i cilindri.
A destra invece è un EGT che legge la temperatura
dei gas in uscita da ciascun cilindro.
La conoscenza della temperatura dei gas di tutti i
cilindri è utile in quanto, a causa delle diverse
condizioni di raffreddamento dei cilindri, la
corretta regolazione della miscela può essere
diversa per ciascuno. Il pilota deve valutare una
miscela che sia sicuramente NON POVERA su nessun
cilindro, in quanto la benzina incombusta è un
consumo inutile, ma contribuisce alla lubrificazione
ed al raffreddamento del pistone, mentre una miscela
"povera" rischia di "asciugare" troppo il cilindro e
provocare surriscaldamento con conseguente usura
prematura se non grippaggio dei pistoni e dei
cilindri. |
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La regolazione della miscela viene fatta
con il seguente criterio:
Il pilota diminuisce il titolo della miscela
arretrando la leva, attende sino a che
l'indicatore dell'EGT non si stabilizza.
Se la temperatura è aumentata opera una
ulteriore diminuzione del titolo e così via,
sino a quando non ottiene la massima
temperatura possibile.
Ottenuta la migliore miscela il pilota
riporta indietro la leva in modo da essere
sicuro che la miscela non possa essere
"povera" su nessun cilindro.
La regolazione della miscela si opera su
tutti i velivoli, in genere quando si è in
crociera a cominciare dai 4.000 ft di quota.
Su alcuni velivoli più semplici non dotati
di EGT ci si regola con il contagiri e ad
"orecchio". |
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Un altro comando che sulle auto non è
presente è la regolazione del passo
dell'elica.
Volendo man tenere un parallelo con le
automobili, la variazione del passo
dell'elica corrisponde al "cambio marcia"
dell'auto.
Le pale dell'elica funzionano né più né meno
come un'ala. Come un'ala producono portanza
(che qui chiamiamo trazione perché rivolta
nel senso del moto), e come un'ala hanno un
loro angolo di incidenza.
Quando il velivolo è in decollo, a bassa
velocità (V1), la risultante del vento
relativo R1, composto dalla velocità dovuta
alla rotazione della pala più quella di
traslazione del velivolo comporta un certo
angolo d'incidenza della pala.
In crociera, ad alta velocità (V2), la
risultante R2 comporterebbe un angolo di
incidenza diverso, addirittura negativo ..
l'elica in questo caso girerebbe "a vuoto"
senza produrre trazione, o addirittura
frenerebbe.
Per evitare questo inconveniente che
limiterebbe le prestazioni del velivolo,
l'elica può essere costruita in modo da
poterne variare il passo in volo.
Spostando la leva blu all'indietro il pilota
cambia il passo dell'elica in modo che
questo aumenti (configurazione di crociera).
Spostandola in avanti il passo dell'elica
diminuisce (configurazione di decollo e
salita) |
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All'aumento del passo dell'elica corrisponde un
maggiore sforzo del motore e di conseguenza una
diminuzione dei giri.
Diminuendo il passo il motore sforza meno e quindi i
giri aumentano. |
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Spingendo in avanti la leva si apre
la valvola che "scarica" il pistone posto nell'ogiva
dell'elica.
In questo modo diminuisce l'incidenza delle pale |
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Tirando indietro la leva si apre la
valvola che mette in collegamento il cilindro
nell'ogiva con il circuito dell'olio in pressione.
In questo modo aumenta la pressione sul pistone
nell'ogiva che fa aumentare l'angolo di incidenza
delle pale. |
Allo scopo di mantenere costante il
numero dei giri del motore senza dover
continuamente intervenire sul comando,
sull'impianto è montato un regolatore di
Watt (sistema a compasso con molla e masse,
all'aumentare del numero dei giri aumenta la
forza centrifuga e le masse si allontanano,
diminuendo il numero dei giri queste si
avvicinano - il movimento è utilizzato per
comandare un servomeccanismo) |
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A sinistra - se i giri del motore
aumentano il regolatore di Watt si apre (aumenta la
forza centrifuga sulle masse) e va ad aprire la
valvola dell'olio sul circuito in pressione in modo
da far aumentare il passo dell'elica.
Aumentando il passo aumenta anche la resistenza, ciò
fa sforzare il motore e riduce il numero dei giri. |
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A destra - se i giri del motore
diminuiscono il regolatore di Watt si chiude
(diminuisce la forza centrifuga sulle masse) e va ad
aprire la valvola dell'olio sul circuito di
drenaggio in modo da far diminuire il passo
dell'elica.
Diminuendo il passo diminuisce anche la resistenza,
ciò fa sforzare meno il motore e aumenta il numero
dei giri. |
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Uno dei rischi più frequenti
in volo, specie in fase di atterraggio, è la
possibilità di fare "ghiaccio al
carburatore".
Cioè che nel condotto di aspirazione del
carburatore si formi ghiaccio, diminuendo la
sezione del condotto e quindi
l'alimentazione del motore.
Questo può portare ad una riduzione della
capacità di erogare potenza o addirittura
allo spegnimento del motore.
Il ghiaccio nel carburatore si viene a
formare in quanto l'umidità presente
nell'aria condensa e quindi ghiaccia a
contatto con il carburatore metallico
freddo.
Su alcuni velivoli è installato un
termometro che indica la temperatura
del carburatore, ma non è una
dotazione frequente.
Questo può avvenire in volo quando si entra
in nube, dove l'acqua è già presente allo
stato liquido o addirittura sotto forma di
micro cristalli di ghiaccio in sospensione e
quindi il condotto metallico del carburatore
non fa altro che fungere da supporto e
raccogliere il ghiaccio già esistente,
oppure, in modo più subdolo, in aria
limpida, se l'umidità relativa è tale che il
vapore contenuto nell'aria a contatto con la
parete fredda del carburatore condensa e poi
ghiaccia. |
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In aria limpida il rischio è,
paradossalmente, più alto in ambienti ad
alta temperatura e forte umidità (ad esempio
un paese tropicale) che non in condizioni di
freddo intenso e aria relativamente secca.
Questo perché se stiamo scendendo da una
quota elevata il nostro carburatore potrebbe
essere tranquillamente a temperatura moto
bassa (temperatura al suolo di 20°C vuol
dire uno zero termico a 3500 metri di quota
- se stiamo scendendo da una quota simile,
niente di eccezionale, è facile che il
nostro carburatore sia ancora freddo) e
l'aria a 20°C sarà facilmente carica di
umidità, mentre se, ad esempio, stiamo
volando con una temperatura esterna sotto i
0°C (punto triplo dell'acqua) nell'aria non
vi è vapore e quindi non vi è alcuna
possibilità di condensa e ghiaccio.
Per ovviare a questo problema il pilota ha a
disposizione un comando che gli permette di
deviare l'aspirazione dell'aria, spostandola
dal filtro che pesca all'esterno ad un
circuito alternativo che passa in prossimità
della marmitta e dei condotti di scarico,
riscaldandosi.
L'aria prelevata da questo circuito è più
calda e quindi più rarefatta (più povera
d'ossigeno). Questo comporta una diminuzione
della massima potenza erogabile, ma se c'è
il rischio effettivo di far ghiaccio è
consigliabile provvedere ad alimentare per
un po' il carburatore con aria calda, sino a
quando non si sarà presumibilmente
riscaldato.
A questo punto si ritorna a prelevare l'aria
dall'esterno (SEMPRE IN FINALE). |
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Motori turbocompressi
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Come per le automobili, e qui a maggior ragione, è possibile
comprimere l'aria prima di immetterla nella camera di
combustione.
I motori "sovralimentati" per i veicoli terrestri forniscono
prestazioni più elevate rispetto a quelli "aspirati", nel
caso degli aerei invece si va a ricercare la possibilità di
volare a quote più elevate.
Con l'aumentare della quota, infatti, diminuisce la densità
dell'aria e di conseguenza anche l'ossigeno necessario a
realizzare la combustione.
Questo comporta una ovvia diminuzione delle prestazioni del
motore, che oltre una certa quota non è più in grado di
erogare la potenza necessaria a mantener il volo.
Immettendo nei cilindri aria compressa, invece, il motore
riesce ad erogare potenza sino a quote più elevate.
Alle basse quote la sovralimentazione produrrebbe comunque
una potenza maggiore, ma è necessario porre attenzione a non
spingere il motore oltre i suoi limiti, per evitare danni
catastrofici come la rottura delle valvole.
In particolare si deve porre attenzione in fase di decollo,
quando il motore viene spinto al massimo .. siccome la
turbina posta nel circuito di scarico aumenta la sua
efficacia all'aumentare della velocità, durante
l'accelerazione al suolo il motore viene sovralimentato.
Il pilota deve fare attenzione ed intervenire eventualmente
sulla manetta per evitare l' OVERBOOST, situazione
segnalata da una apposita spia e cicalino acustico. |
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I motori
a getto |
I motori a reazione, o a getto, accelerano l'aria in
direzione opposta al moto del velivolo, generando una
spinta.
Sfruttano cioè il principio di azione e reazione, o se
vogliamo, della conservazione della quantità di moto.
L'esperienza più semplice che possiamo fare per capire tale
principio è gonfiare a fiato un palloncino e poi lasciarlo
andare.
L'aria uscirà velocemente dal palloncino spingendolo a
volare in direzione opposta.
La spinta generata dal motore, in accordo con il secondo
principio della dinamica, è data dalla variazione della
quantità di moto del fluido.
Dove m è la massa spostata e v la velocità con cui si
sposta.
Invito a fare una prima semplice considerazione su questa
formula: la massa del fluido in qualche modo "costa" (ad
esempio in un motore a razzo è comunque roba che ci portiamo
dietro), e quindi per far rendere al meglio il mio motore il
mio scopo sarà quello di far uscire il fluido con la
velocità più elevata possibile-
Notiamo che la pressione non entra da nessuna parte nella
formula, e quindi sarà bene per quanto possibile
trasformarla in velocità.
Concettualmente un motore a getto funziona raccogliendo
aria dall'esterno, aumentandone la pressione e riducendone
la velocità, scaldandola mediante una combustione che ne
aumenta il volume, e successivamente
espellendola in modo da aumentarne il più possibile la
velocità.
L'ideale è che il fluido in uscita sia a pressione la più
bassa possibile (quella dell'aria esterna, che quindi cambia
con l quota di volo) e velocità la più elevata possibile. |
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PRESA D'ARIA - Nella presa d'aria abbiamo già una
prima compressione del flusso, generata dalla forma della
presa.
Se il regime di volo è subsonico la presa è configurata a
"divergente". La sezione del condotto aumenta e quindi come
nella parte terminale di un tubo di Venturi diminuisce la
velocità e aumenta la pressione.
Se il regime di volo è supersonico, invece, la presa dovrà
essere conformata prima a "convergente", in modo da
comprimere l'aria e diminuirne la velocità sino a m=1 e
quindi. ora che il moto è diventato subsonico, nuovamente a
"divergente", per far ulteriormente aumentare la pressione e
diminuire la velocità.
La diminuzione della velocità a mach minore di uno
(subsonico) è sempre necessaria per poter realizzare la
combustione (tranne nei motori scramjet che vediamo dopo) |
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A valle della presa d'aria, come vedremo, il motore può
presentare un canale di by-pass, che manda direttamente
l'aria all'ugello di scarico, e una ventola (FAN), che
contribuisce ad aumentarne il rendimento.
COMPRESSORE - Nella parte "fredda" del motore lo
scopo è comprimere l'aria, in modo da ottenere
il miglior rendimento nella combustione successiva.
Per questo, a valle della presa d'aria, troviamo un
compressore che può essere assiale a più stadi o
radiale (centrifugo).
I compressori centrifughi lavorano come la centrifuga di una
lavatrice, comprimendo l'aria spingendola verso l'esterno,
appunto per forza centrifuga.
Il limite di questi compressori è la grande sezione frontale
e l'impossibilità di metterne diversi in serie, come invece
è per i compressori assiali.
Spesso i compressori sono due, uno a bassa pressione ed uno
successivo ad alta pressione, mossi da due assi concentrici
differenziati, azionati a loro volta da due turbine (le
vediamo dopo) differenti. |
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La struttura di un compressore
assiale è piuttosto semplice: ogni "stadio" è
composto da un rotore e uno statore. Sia rotore che
statore sono composti da una serie di palette, lo
statore (come dice il termine) sta fermo, mentre le
palette del rotore vi spingono l'aria. Ad ogni
stadio la compressione aumenta di un valore tra il
15 e il 20%.
Le palette sono realizzate in lega d'alluminio o.
più recentemente, in kevlar. |
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CAMERA DI COMBUSTIONE - Il cuore del motore, di
qualsiasi motore, è dove scaldiamo la miscela
aria/carburante per aumentarne il volume.
Nella camera di combustione arriva l'aria dal compressore,
ad alta pressione e bassa velocità. Qui avviene la
combustione del carburante, che nei motori a getto è
continua e non a "fasi" come nel motore a pistoni. |
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La camera di combustione è
circondata da una "intercapedine" nella quale
circola aria "fresca" che serve a mantenere la
temperatura del liner a valori accettabili.
Il liner è realizzato con leghe metalliche
resistenti ad alte temperature (leghe ad alto tenore
di Nikel o Cobalto) e rivestita di materiale
ceramico. |
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TURBINA - In uscita dalla camera di combustione è
necessariamente installato l'organo che deve prelevare
energia dal flusso d'aria per trasformarla in energia
meccanica da applicare ad un albero di trasmissione che
serve per far girare gli stadi del compressore, l'eventuale
fan o l'elica nel caso di un velivolo turboelica. |
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La forma della turbina è simile a quella del
compressore, però qui invece di fornire energia al
fluido, la preleviamo.
La caratteristica peculiare della turbina è quella
di operare a temperature elevatissime (dell'ordine
del migliaio di °C), deve essere pertanto realizzata
in materiali resistenti quali titanio o tungsteno.
Spesso le palette sono cave in modo da poter essere
raffreddate con getti d'aria fresca spillata dal
compressore prima della camera di combustione. |
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UGELLO DI SCARICO - E' finalmente la parte del motore
che trasforma pressione e temperatura del gas in energia
cinetica, fornendo la spinta.
Ad eccezione dei motori dove la maggior parte della potenza
viene assorbita dalla turbina (ad esempio nei turboelica)
l'ugello di scarico deve trasformare il moto subsonico
dell'aria calda e ancora compressa in uscita dalla turbina
in un moto supersonico.
Necessariamente sarà quindi conformato come un boccaglio di
De Laval. |
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Per ottimizzarne la resa in diverse condizioni di velocità e
quota, in molti velivoli l'ugello di scarico è
realizzato a
geometria variabile.
In alcuni aerei l'ugello di scarico può anche ruotare,
modificando sensibilmente la direzione della spinta. E' il
caso di aerei a decollo verticale come il
Sea Harrier o
il
Lockheed Martin F-35 Lightning II o del
Sukhoi Su-30MKI, dove il vettoramento della spinta è
utilizzato alla ricerca del controllo anche ad incidenze
superiori allo stallo. |
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Il cono terminale sarà più o meno
grande in funzione della pressione esterna.
Questo perché il fluido deve uscire a pressione
uguale o superiore a quella esterna.
A lato il cono di scarico di un motore dell'Ariane,
destinato a funzionare nello spazio, a pressione
esterna zero. |
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In alcuni motori a valle della turbina è
prevista una ulteriore camera di combustione, il
postbruciatore.
In questa camera il flusso d'aria viene
ulteriormente scaldato, raggiungendo temperature
elevatissime, possibili dal momento che adesso non
c'è più alcun organo meccanico che potrebbe
soffrirne.
In questo modo si raggiungono spinte elevatissime,
anche se per poco tempo sia per evitare comunque
l'usura dei componenti terminali (ugello di
scarico), sia per l'elevato consumo di carburante. |
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Inversione di spinta |
Sempre sull'ugello di scarico è montato
il dispositivo di "INVERSIONE DI SPINTA"
(REVERSE THRUST) che permette di
"frenare" l'aereo in fase di atterraggio.
Consiste in genere in alcune "conchiglie"
che si dispongono in modo da deviare il
getto dei motori in modo da dirigerlo in
senso opposto al moto, frenando l'aereo.
Senza l'inversione di spinta infatti, il
solo attrito tra pneumatici e pista non
sarebbe sufficiente ad arrestare il velivolo
in spazi ragionevoli (e sarebbe fortemente
dipendente dalle condizioni della pista - su
una pista bagnata, ad esempio, frenare
sarebbe perlomeno complicato).
L'inversore di spinta si attiva direttamente
con il comando delle manette, tirandole
all'indietro oltre il limite del minimo, e
comporta dispositivi di sicurezza che
permettono di attivarlo solo col carrello
esteso e carico (cioè se oltre ad essere
esteso, è anche "schiacciato" dal peso
dell'aereo) per impedirne l'attivazione
ancora in volo (difetti sull'inversore di
spinta che si attiva in volo sono stati
causa di
incidenti catastrofici). |
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Statoreattore (ramjet) e pulsoreattore |
Lo STATOREATTORE (RAMJET in inglese) è concettualmente il
sistema più semplice di propulsione.
Questo tipo di motore è privo di parti mobili e la fase di
compressione viene completamente realizzata dalla presa
d'aria, che fornisce quindi il fluido alla camera di
combustione senza bisogno dello stadio compressore.
Non avendo il compressore questo tipo di propulsore non
necessita nemmeno di turbina. |
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Il limite di questo motore è la necessità di una
velocità di ingresso dell'aria diversa da zero, anzi, più è alta e
meglio è.
Come concetto questi furono i primi motori a getto sviluppati già
negli anni '30. Lo statoreattore fu utilizzato sperimentalmente
anche sul velivolo X-15, volando sino a velocità di circa Mach 6,
che è più o meno il limite massimo oltre il quale non è più
possibile ridurre la velocità dell'aria al regime subsonico
necessario per potere realizzare la combustione.
Oggi questo tipo di motore è utilizzato sui velivoli (per lo più
sperimentali) destinati a volare ad altissime velocità. |
Per risolvere il problema della partenza da fermo fu
ideato un altro tipo di reattore, il PULSOREATTORE.
Questo motore è dotato di valvole a lamella sulla bocca di
aspirazione e la combustione non è continua ma ad impulsi.
In questo modo l'aria calda non può uscire dall'aspirazione
anche quando il velivolo è fermo.
Il problema di questo motore sono le valvole, che si usurano
rapidamente limitandone la vita operativa a poche ore di
funzionamento continuo.
In realtà è possibile realizzare un pulsoreattore senza
valvole, con rendimenti però piuttosto bassi.(1)
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(2) -
(3) |
Fu con questi motori che vennero equipaggiate le V1, le
bombe volanti che i tedeschi lanciarono contro l'Inghilterra
verso la fine della II Guerra Mondiale. |
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Lo statoreattore o ramjet è utilizzato quale motore su
missili o su velivoli sperimentali.
Il "Blackbird", SR-71, l'aereo supersonico usato dagli USA
quale aereo spia durante gli ultimi anni della guerra fredda
era equipaggiato con il motore a turbina
Pratt & Whitney
J58-1 che alle alte velocità (sopra Mach 2.5)
attivava
dei particolari bypass ed escludeva il compressore e la
turbina, diventando a tutti gli effetti uno statoreattore. |
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Turbofan |
Nel motore turbofan (in italiano si tradurrebbe "turboventola") a
monte del compressore viene installata una ventola, di fatto
un'elica intubata che aumenta notevolmente il flusso dell'aria.
Questa non passa tutta attraverso il compressore, la camera di
combustione e la turbina, ma in gran parte viene inviata
direttamente all'ugello di scarico, dove si miscela a quella che
invece passa attraverso il motore a getto vero e proprio.
Il rapporto tra la massa d'aria che passa fuori dal turbogetto
(quella semplicemente spinta dalla ventola) e quella che invece
impegna tutto il ciclo termodinamico (compressore, combustione e
turbina) si chiama RAPPORTO DI DILUIZIONE (in inglese By-Pass Ratio
- BPR) ed è una caratteristica molto indicativa del tipo di motore
turbofan. |
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La spinta viene generata sia dal flusso proveniente dal motore a
getto, sia da quello ottenuto con la ventola, che si comporta né più
né meno come un'elica intubata.
Rispetto al turbogetto semplice i motori turbofan hanno un maggior
rendimento (rapporto spinta/consumo di carburante) e oggi
praticamente tutti i motori a reazione adottati sono dei turbofan.
Nei velivoli di linea, destinati a velocità relativamente basse
(comunque subsoniche) la ventola è di dimensioni notevoli (grande
sezione frontale del motore, alto rapporto di diluizione), si ha un
maggior rendimento ma una minore "spinta" specifica.
Il motore risulta anche relativamente silenzioso.
Nei velivoli militari destinati ad alte velocità invece la ventola
ha dimensioni radiali poco maggiori a quelle del compressore, si ha
un basso rapporto di diluizione ed una alta spinta specifica.
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Turboelica |
Nel motore turboelica tutta la spinta
generata nella camera di combustione viene utilizzata dalla
turbina e trasformata in energia meccanica con cui poi viene
fatta girare la classica elica.
Il turboelica presenta i vantaggi del motore ad elica
(maggiore rendimento, maggiore trazione alle basse velocità,
migliori prestazioni in salita grazie alla possibilità di
variare il passo dell'elica come visto nella prima parte)
uniti ai vantaggi del motore a getto (rispetto al motore a
pistoni è più leggero e più semplice, con rendimenti più
elevati e la possibilità di generare maggiore potenza).
E' più silenzioso rispetto al motore a getto (il rumore è
dovuto alla velocità del getto i uscita).
Rispetto al motore a getto però permette velocità e quote
operative minori.
Normalmente le turbine che azionano il compressore e l'elica
sono diverse, e tra l'asse del motore e quello dell'elica è
necessario un ingranaggio riduttore (do 8:1 a 10:1). |
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Motori a
razzo |
Il motore a razzo, concettualmente, è esattamente il
palloncino che svolazza sgonfiandosi quando lo liberiamo.
Nel motore a razzo tutto quello che butto fuori e che genera
la spinta è a bordo del velivolo (il termine corretto è
ENDOREATTORE, mentre tutti i motori che abbiamo visto
finora sono ESOREATTORI).
Non ho bisogno di una presa d'aria e di un compressore e
quindi nemmeno della turbina.
Il razzo è composto quindi dal serbatoio che contiene
carburante e comburente (ad esempio idrogeno e ossigeno), da
una camera di combustione e da un ugello di scarico.
Non avendo bisogno del comburente prelevato dall'esterno il
razzo non subisce in pratica i limiti di quota che patiscono
tutti gli altri motori cui serve prelevare ossigeno
dall'esterno.
Non patisce neanche limiti riguardo la velocità
massima raggiungibile.
Il lato negativo è però la necessità di portarsi dietro il
peso di carburante e comburente. |
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I motori a razzo sono quindi utilizzati o su
dispositivi molto semplici destinati a volare per brevi
periodi (ad esempio i missili aria-aria) o sui velivoli
destinati ad operare nello spazio, dove non c'è aria che
possa alimentare la combustione e che possa servire da
"massa" da prelevare ed accelerare per generare la spinta. |
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Scramjet |
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Il motore SCRAMJET (Supersonic Combustion RAMJET)
concettualmente è simile ad uno statoreattore, dove però la
combustione accetta un fluido in regime supersonico.
Sono motori sperimentali destinati ad equipaggiare i futuri
velivoli suborbitali.
Il motore scramjet è in grado di superare il limite di Mach
6 dei motori ramjet e dovrebbe consentire di raggiungere
velocità sino a Mach 15.
Rispetto al motore ramjet non abbiamo la fase di
compressione subsonica e di conseguenza anche l'espansione è
tutta in regime supersonico.
O meglio, visto che proprio il limite di funzionamento dei
motori ramjet di Mach 6 è ora accettato come il punto di
transizione tra supersonico ed ipersonico, possiamo
affermare che questo motore aspiri aria in regime
ipersonico, la rallenti e comprima in supersonico e
nuovamente la espella a velocità ipersonica. |
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